Concarena Nuova Via “Fonzies” Fungo di Ladrinai

Alcuni lo chiamano alpinismo esplorativo, altri semplicemente “crisi”…….ebbene io lo chiamo alpinismo esplorativo dovuto alla crisi!!!!

Ormai i tempi d’oro son passati. Si facevano centinaia di km, spesso in giornata, con spese di viaggio , tra gasolio-autostrada-funivie-trafori-rifugi ecc., notevoli……eppure il portafoglio, seppur sempre vuoto, non sembrava gridare pietà.

Oggi è tutto caro, troppo costoso ogni volta che si decide di spostarsi verso qualche parete. Eppure io trovato quello che stavo cercando. Pur non volendo paragonarmi ai Grandi  Maurizio Giordani, Igor Kòller, Hainz Mariacher etc., cerco di condividere il loro entusiasmo di un tempo, ovvero quando si trovarono davanti alla parete sud della Marmolada (ancora in gran parte “vergine”). 

Ovviamente la Concarena, con la Marmolada, ha poco da condividere direte voi…….EPPURE VI SBAGLIATE!!

Domenica con Dario Sandrini siamo andati all’attacco di una linea davvero entusiasmante e di difficoltà classiche. Sembra inoltre , stando sempre alle mie fonti e a quanto c’è stato riferito dai veri local d’alta quota, che la sommità di questo monolite che si slancia verso il cielo non sia mai stato conquistato da nessuno…..fino ad ora!! (come per “Fuga da Alcatraz” attendo aventuali smentite, se documentate).

Quattro ore e mezza ci son volute per disegnare e scalare questa bellissima via che alterna placche a buchi (per l’appunto marmoladiane) a diedri e camini lisci e compatti. 

Cinque tiri di corda per uno sviluppo di 250mt circa con difficoltà tra il V e VII. Una lama meravigliosa da prendere in dùlfer porta in vetta a questo fantastico fungo, paragonabile appunto (per la sua bellezza e singolarità) al Fungo d’Ombretta in Marmolada.

A sto giro non c’è Sandro che col suo programma mi può tracciare la linea sulla foto, ma l’itinerario è molto evidente e logico, seppur inizialmente può apparire impegnativo.

Come al solito tutti i chiodi utilizzati sono stati lasciati in parete, e le soste hanno anche cordone con moschettone di calata. In un profondo buco, pochi metri prima della vetta , è stato posizionato il barilotto col libro di via.

(Risarire il canalone che passa sotto ai Gòlem, tenere la dx del canale costeggiando la parete opposta. Portarsi sotto alla verticale del fungo terminale. La via attacca a circa 100mt  dall’evidente canale che delimita la parete a monte.)

L1-salire le facili placche di aderenza, rimontare strapiombino e far sosta in cengia su mugo (cordone in loco). 1 chiodo, V.

L2-proseguire dritti per un diedro che porta sotto ad un tetto. Sosta comoda su cengia, 2 chiodi di sosta con cordone. 4 chiodi, VII.

L3-per placche fantastiche a buchi portarsi verso la sx di un tetto e per roccia articolata far sosta alla base di un camino su cengia (cordone). 1 chiodo, V+.

L4-camino seguito da un diedro e roccia articolata, sosta su cordone a sx su cengia detritica. V

Traferimento a dx alla base della lama obliqua del fungo.

L5-salire la lama entusiasmante ed al suo termine raggiungere la vetta obliquando verso dx, sosta su chiodo e mugo. VI-

Buone scalate

Guerza

NUOVA VIA “Fuga da Alcatraz” Pilastro Beppe Chiaf Concarena

Quest’anno devo dire che le montagne di casa nostra mi hanno davvero stregato. Inizialmente ripiegavo su di esse per tenere a mano un po di euro in previsione di trasferte piu expansive, ma a lungo andare diventa quasi una droga risalire la Valle dell’Inferno per la Corna Blacca o , come in questo caso, la strada sterrata che porta alle Baite Natù in Concarena.

E’ cosi che, in due riprese, io e Sandro apriamo un’altra via in questo posto magnifico, stavolta conquistando (così sembra anche sentendo i pareri degli abitanti delle baite) Il PILASTRO per eccellenza che sovrasta il piccolo villaggio Natù. Come un fuso si impenna verso il cielo ma quando ci sei sotto ti accorgi che strapiomba in modo impressionante. Il dislivello non è molto, anche se sembra molto di più, ed è di circa 210mt.

Abbiamo impiegato un totale di circa 10 ore di scalata, tra cambi di direzione, fughe laterali e a volte attese di coraggio appesi a penzoloni nel vuoto.

La linea prescelta doveva seguire una fessura diagonale da dx verso sx, entrando in un diedrone sovrastato da un tetto con uscita a dx.

Due settimane fa Sandro, mentre cercava di attrezzare la sosta del secondo tiro alla base del diedrone, è precipitato per 20-25mt strappando friends, nut e rimanendo attaccato ad uno dei pochi chiodi utilizzati. Quel giorno, giu le doppie e a casa.

Sabato, invece, facciamo sosta qualche metro prima della zona friabile che ha castigato il buon Sandro, quindi parto io alla volta del gran diedro. Pochi metri sopra del punto cruciale, mi si stacca dalla mano un comodino di sfasciumi che mi passa dietro alla schiena. Salgo ancora ma mi scoraggio nel vedere gli innumerevoli blocchi instabili presenti nel diedro, che tra l’altro è tappato di erba. Bella via di M direte voi……beh, l’ho pensato anche io!!!

Attrezzo una sosta di fortuna con due nuts incastrate tra i blocchi e mi faccio calare da Sandro, assicurato anche dal Prusik, fino in sosta disattrezzando il tiro. Col cervello stressato e un po bruciato, propongo a Sandro la penosa ritirata……gia i primi due tiri li abbiamo dovuti rifare, e non son per nulla facili (abbiamo stimato VII+ per entrambi), in più ora non riesco più a concentrarmi, ho preso un po di paura.

Sandro passa avanti e deviamo sulla dx, puntando al diedro parallelo. Sale due tiri di corda per farmi riprendere, ma povero lui i gradi rimangono stimati sempre sul VII+!!!

E’ la mia volta, ancora diedro strapiombante, ancora VII+, ancora tanti spaventi, su roccia compatta ma molto difficile da scalare a causa delle fessure con bordo svasato.

Qui, per la seconda volta (la prima lo è stata sul primo tiro, sempre in diedro fessurato strapiombante) trovo una fuga dal diedro verso dx, e per roccia più facile ma friabile raggiungo un punto di sosta su pulpito. Da qui un’altro tiro di V+, poi uno di IV e la vetta.

Sentiamo le urla di alcune persone che ci stavano sbinocolando….o forse eran le mie….vabbè, urlavamo tutti, noi felici di essere usciti da quel labirinto di diedri e fessure alternate a placche compatte, loro felici di vedere due pirla sul pilastro dietro casa loro.

Non vediamo tracce di passaggio, ne possibili linee di salita che potessero indicarci il passaggio di “antenati”. Costruiamo un ometto in vetta e posizioniamo il libro di via all’ultima sosta. Battezziamo il Pilastro “Beppe Chiaf”, almeno finchè qualcuno non verrà a screditare la conquista…..ben accetta comunque…..l’ignoranza va punita!!

230mt  7lung. VII+ ED+  Sono stati utilizzati circa 17 chiodi comprese le soste, attrezzate con cordone e moschettone di calata.

Concarena…. Aperta nuova via: MAMBA NERO 700mt 14 lung. VIII EX R4

L’avevamo studiata da tempo (io e Sandro DeToni), eravamo arrivati alla base prima delle mie vacanze con 70 chiodi, corde fisse e tanto altro. La linea era evidentissima, attraverso placche marmoladiane incredibilmente compatte.

Il giorno stesso del mio rientro dal mare (dopo 3 settimane dal sopralluogo), ci precipitiamo al bivacco da noi creato alla base della parete NE dei Gölem. Di primo mattino attacco il primo tiro presso un triangolo roccioso simile ad una piramide, circa 40mt a dx  del bivacco. Immediatamente difficoltà elevatissime, scarsa proteggibilita su roccia liscissima a buchi (VII+). Parte poi Sandro con un altro bel tiro da panico (VIII-)…….i primi due tiri risulteranno i chiave della via! Da qui altro tiro di VI- ed uno spaziale di VIII con passo in aderenza.

Decidiamo di scendere dopo quasi 10 ore di sfiancante ricerca della giusta direzione.

Sabato 7, sono le 22,30 quando ci sistemiamo sulla comodissima cengia erbosa alla base del terzo tiro…..bivacco stratosferico, accompagnati dal chiaro di luna e dalle frontali degli abitanti delle baite Natù, preoccupati nel vedere due frontali su una parete non certo frequentata. L’alba arriva rapidamente e procediamo per corde fisse fino al punto massimo conquistato la scorsa settimana. Saliamo velocemente altri 7 tiri che dal V+ si abbassano di difficoltà fino al IV, sempre su roccia fantastica.

Purtroppo gli ultimi tre tiri per raggiungere il terzultimo pilastro di vetta ( parte terminale spigolo Cassin) risultano veramente friabili, con scalata fino al VI+ su comodini e tavoli appoggiati verticalmente alla parete. Nel camino prima dell’ultimo tiro è stato lasciato un barilotto con libro di via.

Tutte le soste sono state attrezzate a chiodi, 4 delle quali con uno spit in aggiunta. Tutti i chiodi sulle lunghezze sono stati lasciati (circa 6) ed uno spit al quarto tiro.

Per una ripetizione portarsi una serie di friends anche micro, una completa di tricam, kevlar per le clessidre, 10 rinvii. Attaccare presso la piramide, a sx kevlar in clessidra.

Itinerario estremo, sia per la difficoltà dei tiri iniziali che per la scarsissima proteggibilità su roccia superlativa. Riservata a cordate esperte e ben preparate, il grado obbligatorio richiesto è il 6c su protezioni distanti ed insicure. Considerare che abbiamo impiegato circa 15 ore totali di scalata durante l’apertura.

Come disse Koller…….auguri ai ripetitori.

Alla base abbiamo creato due ottimi posti da bivacco, acqua disponibile dal nevaio perenne. Calcolare un’ora di avvicinamento dal Rif. Baita Iseo raggiungendolo comodamente tramite strada sterrata mooooolto ripida (consigliato il fuoristrada….anzi, essenziale). Prendere sentiero che passa per Baite Natù e prosegue in direzione Toc de la Nef (seguire per pochi minuti in direzione Corne Rosse).

Da qui per traccia di sentiero verso sx, segnalato malamente strisce bianche e rosse (noi sui ghiaioni abbiamo fatto degli ometti). In prossimità dell’ultimo ghiaione sotto alla parete, attraversare sopra al distacco di esso. Consigliato affrontare il sentiero con luce del giorno, molto difficoltoso e pericoloso.

PS. A breve inserirò foto dettagliate.

PPS. Le foto dettagliate ora ci sono. Segue la rel. visuale con i gradi: max VIII-, VII+ obbl.; difficoltà commisurate a quelle riscontrate sull’altra via da noi ripetuta in zona [Atlantide], forse influenzati dal peso che avevamo addosso [materiale per il primo e saccone per il secondo].

16 ottobre 2011…una data che mai dimenticherò per il resto della mia vita…La Prima Ripetizione di Atlantide accompagnerà questo ricordo

Io e Sandro partiamo alle 3.30 da casa mia per una corsa in Concarena…dal progetto per la Nord del Cervino, sfumato per una discussione al telefono con Beppe, al diedro dello Spiz di Lagunaz rimandato per la febbre di mio figlio, decido di andare a ripetere finalmente la tanto temuta e irripetuta via Atlantide, aperta da Beppe Chiaf e Matteo Rivadossi nel lontano 1999. Con la macchina risaliamo la strada ripidissima che sale alla Baita Iseo, e ci spingiamo oltre le ultime malghe. Nessuno di noi conosce la zona, e la luce delle nostre frontali di certo non ci aiuta nell’individuare la traccia. Così prendiamo il canalone principale, visibile dalla valle, e lo risaliamo. In 2 ore e 15 minuti raggiungiamo l’attacco di Atlantide. I nostri imbraghi oggi pesano più del solito. Con noi abbiamo circa 40 chiodi, cordoni ed anelli di calata. Non potendo bivaccare causa lavoro, ed avendo ormai giornate corte, avevamo preventivato una discesa in doppia per i 900mt di parete su cui sale la via. Ci alterniamo nei tiri, non senza fare fatica nell’individuare la linea a causa dei pochissimi chiodi lasciati e, altra beffa, molti di quei pochi sono nascosti da ciuffi di erba o mimetizzati dalla ruggine. Iniziamo, sosta per sosta, il riattrezzo delle soste, permettendoci magari di spostare la posizione dell’originale su cenge o nicchie vicine. Arriviamo sulla cengia detritica mediana disorientati…strapiombi e camini si impennano innanzi a noi. La relazione scaricata dal blog di Beppe non è molto chiara a questo punto della salita. Riusciamo ad interpretarla, per culo, cosi procediamo tutto a dx della cengia in prossimità dell’evidente diedrone del primo pilastro. Attrezziamo l’ultima sosta su un solo spit piantato dagli apritori, non potendo piazzare nient’altro a causa della roccia compattissima. Evitiamo la cresta di 250mt da fare a piedi per raggiungere la vetta visto che son gia le 16.00 e ci aspettano almeno 15 calate da fare entro le 3 ore che ci separano dalle tenebre. Ed infatti 3 ore sono state, ma con l’unico inconveniente di dover buttare le corde a causa dei massi caduti che le hanno praticamente tranciate in piu punti. Tocco il nevaio coi piedi quando mi arriva la triste telefonata di Rossella, la moglie di Beppe. Da quel momento tutto per me si è capovolto…l’ambizione, i progetti, la competitività, un’amicizia, un compagno, i sogni, la certezza e la sicurezza di avere accanto a me il mioamico e compagno di una vita Beppe. Per il resto avete letto tutti sui giornali i risvolti. Un saluto ed un abbraccio vanno in primis alla dolcissima moglie Rossella Chiaf, al papà Luciano e alla mamma Carla, alle sorelle Beatrice Elisa Linda, allo zio Andrea (compagno di Beppe quando ancora era un alpinista “normale”), allo zio Pierangelo e allo zio Mario,con rispettive famiglie. Un abbraccio vorrei rivolgerlo anche a tutti quelli che almeno una volta si sono legati con Beppe, attraverso una corda, una chiaccherata o una suonata. Penultimo, ma non per importanza, all’amico Andrea Tocchini che anche lui, come molti di noi, ha perso il suo Maestro ed amico di nuove avventure e scalate. Una forte stretta di mano ,infine, vorrei rivolgerla a te Schueps (così lo chiamavo), come si fa tra capo e dipendente, da amico ad amico, da compagno a compagno….ciao Guerza